La Storia

L'infanzia

La mia storia, quella di Biagio Santo, è la storia della mia terra, dell'Italia del Sud, del Salento autentico, fatto di uomini e donne dediti al lavoro e al sacrificio, terra di ossimori, rude e gentile, intrisa di colore e profumi.
Sono cresciuto qui, nelle strade impolverate del dopoguerra, a piedi scalzi, dove le case erano composte da sole due stanze e la porta del vicino era sempre aperta, perché si viveva e si cresceva insieme.
E' impossibile per me non pensare al passato, quando da bambino di undici anni iniziai, subito dopo la quinta elementare a prendere in mano l'ago e il filo e soprattutto a toccare i tessuti.
I miei genitori, infatti, mi portarono dal maestro sarto più qualificato del paese, Don Umberto, perché imparassi il mestiere.
Dapprima nel retrobottega, con un singolare spirito di sacrificio appresi passo dopo passo le fasi della cucitura di un abito, seguendo con umiltà le indicazioni e la spiegazione del maestro.

Le prime esperienze

Giorno dopo giorno con puntualità, la pazienza e la precisione dovevano accrescersi, perché l'obiettivo era raggiungere la minuziosità e la perfezione scrupolosa del mio maestro.
Le distrazioni e lo svago erano davvero pochi, ma la passione e la voglia di imparare erano tali da non farmi avvertire né le rinunce né la delusione per qualche insuccesso. E così, le mie mani divennero strumento per piccoli grandi opere, accennando le emozioni del cuore, mentre i miei trepidanti occhi vedevano realizzati tutti i miei sacrifici.
Tuttavia, restavo un ragazzo.
Appena possibile correvo a casa di mia nonna, dove era sempre pronta per me una carezza e dove la mia forza giovane era a sua disposizione anche per accompagnarla alla fontana della strada per attingere l'acqua.
E poi, venivo rapito dal suo giardino, con le tipiche piante aromatiche, menta, rosmarino e salvia. Curava con passione i suoi fiori, per dimenticare le sofferenze e i patimenti dei giorni passati; ma quello che più la rendeva felice, di una gioia semplice e unica era vedere aprirsi, con bella grazia, le sue calle.
Questa è l'immagine più chiara della mia gioventù: le calle della nonna, schiudersi in ogni primavera.

Inizia la mia storia

Ella, donna semplice, rigorosa e al di sopra di tutto essenziale nella vita, come le sue calle, che oggi rappresentano il mio lavoro. Ho rubato a lei determinazione e tenacia, che mai più avrei abbandonato, nemmeno nei momenti più duri della mia vita.
Negli anni '60 ho lasciato il mio paese per andare all'estero, in cerca di fortuna e di nuove esperienze, anche se l'entusiasmo giovanile per il vecchio lavoro non si è mai esaurito completamente.
È stato l'incontro, avvenuto a Milano, con un produttore di cravatte, da cui è nata una collaborazione professionale, a risvegliare con impeto la voglia di riprendere in mano ago e filo per cucire una nuova fase della mia vita.
Non ero più solo, avevo accanto a me mia moglie, la quale con la grinta che la contraddistingue, ha contribuito a riaccendere quella fiamma e a convincermi che le mie competenze sartoriali erano una risorsa determinante per creare cravatte uniche, ritornando a casa, nella nostra terra.
Il presente avrebbe rivelato poi il futuro: ed io vedo lavorare asssieme a me i miei quattro figli, con il medesimo ardore di quando ero un ragazzo.

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